martedì 24 gennaio 2012

Un libro utile

E' stato pubblicato un libro che può interessare le neo-mamme, neo-papà e gli educatori di nido, parla di come i bambini possono apprendere la musica come un linguaggio, in questo libro è stato usato anche il metodo Gordon di cui abbiamo già parlato. Vi riporto l'articolo che lo spiega.

La musica? Un gioco da bambini
L’ascolto di brani nei primi anni di vita è importante perché consente ai bambini di capire la musica come il linguaggio.
“Ma che musica!”: è questo il titolo di un libro per bambini, edito da Curci, colorato e pieno di illustrazioni, con un cd nella quarta di copertina. Sembra un semplice libro-gioco ma in realtà nelle poche pagine condensa i principi fondamentali di un metodo creato per avvicinare e preparare alla musica e che sostiene che l’uomo è musicale fin dalla nascita e forse anche nella sua vita prenatale.

I curatori del libro, Andrea Apostoli per i testi e la selezione delle musiche e Alexandra Dufey, per le illustrazioni, si sono basati sul metodo Edwin E. Gordon, che – si legge sull’Unità – “non è soltanto un sistema di insegnamento, ma corrisponde a una teoria generale dell’apprendimento della musica, frutto di oltre 50 anni di studi che questo professore della University of South Carolina ha intrapreso dopo aver lasciato il suo posto di contrabbassista nella formazione di gene Krupa, batterista jazz”.


IL METODO GORDON – Già nel pancione e poi dai primi giorni di vita ascoltare musica (ma che sia varia, complessa, di diversi stili e culture) favorisce nel neonato la crescita di quella facoltà musicale che Gordon chiama ‘audiation’ che si forma fino a nove anni. “Quello che il fanciullo sarà in grado di apprendere e di fare con i suoni – conclude l’articolo - e come la musica non sarà per lui solo una carta da parati sonora ma un universo di sorprese e di sento, dipenderà da quanto si è sviluppata questa facoltà più o meno in un decennio.”

giovedì 19 gennaio 2012

La scoperta del sonoro

In questo articolo si parla dell'approccio del bambino ai primi suoni che sente dopo la nascita e la sua curiosità nella scoperta nei primi mesi di vita.

MUSICA PER GIOCO

I piccoli crescono rapidamente: strisciano, gattonano, camminano … sono in continuo movimento ed il mondo dei suoni è più che mai un mondo da scoprire, sperimentare, provare! Dopo l’anno il miglioramento costante delle abilità di percezione e di discriminazione fa sì che il bimbo maturi le capacità di analizzare sempre più accuratamente i fenomeni sonori che lo circondano: accresce significativamente il piacere di ascoltare musica vocale e strumentale, aumentano per  numero, intensità e durata le risposte alla musica, si moltiplicano gesti e lallazioni musicali.

E' infatti stupefacente vedere quanto i bimbi  prestino attenzione ad un adulto quando canta e/o suona per loro: restano immobili, sospendono ogni loro attività, guardano con occhi spalancati e fissano attentamente il volto e/o lo strumento musicale. Durante un ascolto, invece, si osserva un maggiore coinvolgimento che va oltre la semplice percezione: i bimbi rispondono con gesti ripetitivi, dondolamenti e vocalizzi. 

Oltre l’anno si sviluppa ed intensifica anche l’esplorazione sonora, forse attività musicale principe dei primi anni di vita: sfregano, grattano, scuotono, sfiorano, percuotono, pizzicano, lanciano, spingono ... lo fanno i piccoli quando hanno tra le mani un qualsiasi oggetto che, se manipolato, produce suono e rumore. I genitori sono testimoni di questo lavorio di ricerca: strisciano la sedia sul pavimento, picchiano con il mestolo la pentola, e così ogni cosa che arriva nelle mani dei loro piccoli viene “suonata”, e se produce un rumore intenso, la soddisfazione si legge nei loro occhietti  e il gesto si rinforza.

Ascolto e produzione sono, dunque, ingredienti principali delle attività musicali dei piccolissimi e interventi educativi adeguati e rispettosi di questa innata predisposizione infantile verso il mondo dei suoni possono incoraggiare e sostenere lo sviluppo di queste capacità. Musica per gioco è  “fare musica” con i bambini,  partendo dalle loro competenze musicali,  maturate in epoca uterina,  alle quali aggiungere occasioni d’ascolto, danza, canto e uso spontaneo di semplici strumenti musicali.

domenica 15 gennaio 2012

La canzone al nido

Visto che in questo blog si parla di bambini vi consiglio la rivista da cui ho preso questo articolo, "Mondo 0-3". E' una rivista tutta dedicata alla prima infanzia dove ci sono articoli da cui le neo-mamme e gli educatori del nido possono aggiornarsi. 



Le canzoni del nido

di Maria Teresa Nardi

Il segreto del canto
risiede tra la vibrazione
della voce di chi canta
e il battito del cuore di chi ascolta.
(K. GIBRAN)

Quanti canti al nido!
Canzoncine lunghe e corte, veloci e lente, mimate e danzate, che i piccoli amano ascoltare e poi riconoscere e canticchiare.
Canzoncine che celebrano il Natale, la primavera, che accompagnano e scandiscono le varie attività, che raccontano storie di ragni e formiche, che elencano le parti del corpo, i mesi dell'anno, i giorni della settimana...
Canzoncine e ancora canzoncine... penso di non essere in errore se affermo che il canto è la principale attività musicale del nido, che incontra e soddisfa la preferenza marcata dei bambini verso la voce femminile, pertanto richiede attenzione e cura nelle modalità esecutive. Cura perché la canzone che io canto per te, con te, crea un legame fra me e te, è quella "cosa" nella quale io incontro te e tu incontri me; in quello "spazio" io trovo i tuoi occhi, il tuo corpo, le tue mani, il tuo volto e tu incontri la mia voce, il mio corpo, la mia disponibilità ad accoglierti e a stare con te. La canzone al nido, così come in altri contesti educativi e di cura, è veicolo di relazione, è un "oggetto mediatore" che sta fra educatrice e bambino, fra bambino e bambino, fra tutti gli elementi del gruppo, permettendo e favorendo l'incontro con l'altro. La canzone media la relazione, è "oggetto" significativo, che a poco a poco diventa familiare per i frequentatori del nido, perché fa parte integrante di questa realtà, ne colora le azioni e i momenti di cura quotidiana.

I bimbi, anche i piccolissimi, riconoscono le canzoni, per loro è "materiale" affettivamente rassicurante, condiviso all'interno del nido, rappresentativo di un mondo in cui riconoscersi, che rimanda a relazioni significative, insegnamenti e regole ben precise. Ecco allora che le numerose canzoncine vanno a costituire un repertorio comune, un patrimonio sonoro condiviso dagli abitanti del nido. Patrimonio sonoro costituito spesso da canti, in parte tramandati oralmente ( a questo forse si devono le numerose versioni testuali e melodiche di uno stesso canto!), in parte fortunatamente trascritti e conservati in preziose raccolte. Questo repertorio "si caratterizza come forma vocale proto-musicale, sospesa tra parola e canto, solitamente di struttura ritmica elementare, basata sulla scansione sillabica del testo, che risulta quindi facilmente memorizzabile" (1). Per quanto concerne, invece, la linea melodica è palese che si tratta di materiale semplice, "costruito" rispettando le capacità canore dei piccoli, permettendo loro di "acquisire maggiore controllo delle proprie potenzialità vocali, ma anche di agevolare l'assimilazione degli schemi basilari del nostro linguaggio musicale tonale" (2). Nei testi di questi brevi canti e nelle modalità di esecuzione sono presenti temi e finalità didattico pedagogiche, riassunte nelle parole di Roberto Leydi:

"I giochi che l'adulto fa con il bambino (per esempio quando lo fa saltare sulle ginocchia e poi finge di lasciarlo cadere per poi riprenderlo affettuosamente, simbolo di senso di sicurezza dopo un pericolo, o quando gli chiede di battere o muovere le mani a un certo ritmo o secondo un certo modello, o quando gli guida la manina a toccare il naso, la bocca, gli occhi, le orecchie e così via hanno lo scopo di promuovere il coordinamento dei movimenti, di suscitare il controllo emozionale, di far apprendere nozioni e vocaboli" (3).

Goitre sottolinea, invece, "le caratteristiche di recepibilità, di assimilabilità e di reperibilità del canto popolare infantile, poiché l'estrema semplicità di questo canto ci permette di offrire al bambino un vasto e progressivo repertorio di esercizi in forma ludica, atti a sviluppare il suo senso musicale" (4), ma anche altre facoltà psico-intellettive utili all'apprendimento, alla competenza linguistica, alla percezione, alla logica, alla concentrazione, alla prontezza dei riflessi, alla memoria, all'analisi e alla sintesi, al coordinamento psicomotorio, fino all'interiorizzazione del ritmo e del suono. Raccomando all'educatrice che canta ai piccoli e per i piccoli di non pretendere nessuna risposta canora dai bambini, poiché l'assimilazione di un canto è processo lungo e complesso. Di fatto per apprendere un canto servono abilità di tipo percettivo-cognitivo (il bimbo deve essere in grado di percepire e mettere in memoria il profilo melodico) e capacità di tipo motorio (deve essere in grado di controllare l'intonazione), abilità che in taluni maturano non prima dei 6-7 anni!

mercoledì 11 gennaio 2012

La musica in gravidanza

Non bisogna sottovalutare l'importanza della musica durante il periodo della gravidanza. 
Intervista alla dottoressa Francesca pasini.

lunedì 9 gennaio 2012

Musica e favole al nido

Ho trovanto un sito dove c'è ben spiegato in poche righe, come raccontare una favola con l'ausilio della musica e la sua importanza.

FAVOLE E MUSICHE PER GIOCARE
La storia utilizza un linguaggio particolarmente caro al mondo dell’infanzia e la vicenda narrata diventa perfetta cornice dell’evento sonoro, conducendo per mano il piccolo in una passeggiata coinvolgente nel mondo dei suoni. Il “c’era una volta” … accompagna il bimbo ad incontrare … orsetti musicisti, uccellini canterini, elefanti ballerini, pentole sonanti, flauti magici, oggetti tintinnanti … tutti protagonisti speciali di storie che fanno cantare, suonare, ascoltare e danzare; protagonisti speciali di storie che fanno giocare con i suoni. In queste storie la musica è la star assoluta, si avviluppa intorno alla narrazione, la commenta, illumina le emozioni, colora le descrizioni, diventa “punto d’ascolto” privilegiato della vicenda stessa. Gli ingredienti di ogni favola sono musiche, canti, filastrocche, danze, marce, girotondi, strumenti musicali, oggetti sonori che, nelle mani dell’educatrice, diventano preziosi arnesi di lavoro, utili a catturare l’attenzione dei piccoli e a introdurli attivamente in mondi sonoro-musicali sconosciuti e inesplorati. Il corso teorico-esperienziale prevede l’analisi degli ingredienti musicali di alcune storie e di diversi momenti laboratoriali.

Fonti:

martedì 3 gennaio 2012

Musicoterapia

Ho letto un articolo che parla della musicoterapia che mi ha molto interessata. Descrive questa pratica in modo generale e non del tutto specifica per l'infanzia, ma c'è anche una parte dedicata all'approccio della musicoterapia con i bambini.
Ditemi cosa ne pensate.
Buona lettura.

La musicoterapia è una disciplina che utilizza un mediatore corpo sonoro al fine di migliorare la qualità di vita della persona, mirando a stabilire un rapporto saldo tra paziente e musicoterapista.
In realtà la musicoterapia non rappresenta un paradigma unitario, bensì un insieme di tecniche con origini e sviluppi indipendenti, con analogie e differenze profonde, che sono applicate con finalità preventiva, riabilitativa e terapeutica a diversi quadri clinici, sia in infanzia che in età adulta.
Per utilizzare le parole di uno dei padri fondatori di questa disciplina, l’argentino Rolando Omar Benenzon “la musicoterapia è una disciplina paramedica che usa il suono, la musica e il movimento per produrre effetti regressivi e per aprire canali di comunicazione che ci mettano in grado di iniziare il processo di preparazione e di recupero del paziente per la società."

In infanzia l’ambito di applicazione più documentato è quello relativo ai Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, con particolare riferimento alla sindrome autistica, alla disabilità motoria, al Ritardo Mentale, ma anche a patologie organiche, come le paralisi cerebrali o alle anomalie genetiche, come la sindrome di Down.
In tutti i quadri clinici caratterizzati da turbe relazionali e difficoltà di comunicazione l’utilizzo di uno strumento musicale, anche fatto con del materiale semplice, purchè sicuro, si pone come una sorta di oggetto transizionale, per utilizzare un concetto di Winnicott, cioè un ponte tra il bambino ed il terapeuta, creando un’area intermedia di esperienza all’interno della quale il processo comunicativo e l’espressione delle emozioni possono essere facilitate.
L’incontro con lo strumento diventa pertanto incontro con un universo espressivo che appartiene al bagaglio culturale collettivo ed individuale. L’utilizzo di uno strumento tra il piccolo paziente ed il musicoterapeuta, avvenendo all’interno di una relazione empatica, diventa catalizzatore di una sintonizzazione emotiva, come direbbe Daniel Stern, in grado di facilitare l’emergere di quegli “affetti vitali”, quel senso del Noi che appaiono drammaticamente congelati nelle patologie dello spettro autistico. E’ soprattutto in questi quadri che un coinvolgimento attivo del bambino, come avviene nella seduta di musicoterapia, è in grado di contrastare la passività e la stereotipia, caratteristiche tipiche di questa patologia.
Nella disabilità e nella patologia di origine organica la musicoterapia favorisce lo sviluppo della motricità, della comunicazione e del linguaggio, inserendosi all’interno del processo riabilitativo come una preziosa risorsa per potenziare le capacità del paziente, per migliorare la sua qualità di vita, dal punto di vista personale ed interpersonale.
Le potenzialità di questa disciplina sono da attribuirsi pertanto all’utilizzo di un metodo di intervento non verbale, generalmente riconosciuto come il mezzo elettivo di intervento sul bambino in età pre-linguistica, all’interno di una relazione empatica tra il piccolo paziente ed il musicoterapeuta

Dott.ssa Isabella Ricci
Psicologa